
La libertà è la voce che non si piega
(Roma 9 maggio 2025) Intervista a Francesco Miraglia
Di Ilda Giovanbattista
Ilda Giovanbattista: Francesco, oggi ricevi un riconoscimento importante. Cosa rappresenta per te il Premio “Le Voci della Libertà”?
Francesco Miraglia: È un segnale che le parole libere ancora contano. Questo premio non è un traguardo, ma un invito a continuare. Non ho mai avuto l’ambizione di piacere a tutti, ma la volontà di essere autentico, anche quando è scomodo. Avere voce, oggi, significa soprattutto avere il coraggio di usarla. E se questa voce arriva a toccare qualcuno, allora ha senso.
I.G.: La premiazione si tiene il 9 maggio, Giornata dell’Europa. Un caso o un messaggio?
F.M.: È una coincidenza carica di significato. L’Europa è nata da un’idea di pace, di unione, di dignità. Ma quei valori, oggi, vanno riaffermati con forza. La libertà, quella vera, non è mai garantita. Vediamo ogni giorno nuove forme di censura, sottotraccia o istituzionalizzate. Celebrare la libertà proprio il 9 maggio significa ricordare che non può esserci Europa senza pensiero libero, senza dissenso, senza verità.
I.G.: Sei noto per prendere posizioni forti, spesso non allineate. Hai mai pensato di fermarti?
F.M.: Sì, nei momenti di stanchezza. Ma poi guardo negli occhi chi non ha voce, chi viene ignorato o schiacciato, e tutto torna chiaro. Fermarsi significherebbe diventare complice. E io ho scelto, da tempo, da che parte stare. Non cerco consenso, cerco coerenza. E se a qualcuno dà fastidio, vuol dire che sto toccando un punto sensibile.
I.G.: Nella tua esperienza, quando hai capito che la libertà non era più un dato scontato?
F.M.: Quando ho visto la paura negli occhi di chi voleva parlare e non poteva. Quando ho sentito persone chiedermi di “fare attenzione” perché “certe cose è meglio non dirle”. Lì ho capito che qualcosa non andava. La libertà si logora lentamente, con piccoli silenzi, con autocensure quotidiane. E io ho scelto di rompere quel silenzio, sempre.
I.G.: A chi senti di dedicare questo premio?
F.M.: A chi combatte senza microfoni, a chi si espone e rischia tutto, a chi resiste anche nel silenzio. Ma anche ai giovani: perché imparino che libertà non significa solo parlare, ma sapere cosa dire, avere coscienza, essere pronti a pagarne il prezzo. La libertà non è uno slogan: è una scelta, faticosa e necessaria.
I.G.: Se potessi rivolgerti oggi direttamente all’Europa, che messaggio lanceresti?
F.M.: Che non dobbiamo aver paura delle voci scomode. Che non esiste democrazia senza dissenso. Che un’Europa viva è quella che ascolta anche chi contesta, chi denuncia, chi mette in discussione. Chi ci invita a riflettere, non solo ad applaudire.
I.G.: Per concludere: in una sola frase, cos’è per te la libertà?
F.M.: È la voce che non si piega. È restare in piedi, anche quando tutto intorno chiede di abbassare la testa.