
Madre e figlia tornano finalmente a casa. Il Tribunale per i Minorenni sconfessa i Servizi Sociali di Reggio Emilia: “Nessuna misura limitativa necessaria”
L’avv. Miraglia: «Non è giustizia, è riparazione»
Bologna, 11 luglio 2025 – Dopo anni di permanenza forzata in comunità madre-bambino, senza alcuna reale progettualità, una madre e la sua bambina tornano finalmente a casa. Il Tribunale per i Minorenni dell’Emilia Romagna ha disposto con decreto definitivo la revoca dell’affidamento della minore ai Servizi Sociali di Reggio Emilia, riconoscendo la piena capacità genitoriale della madre e il contesto familiare favorevole garantito dalla nonna materna.
Una decisione attesa, sofferta, ma finalmente giusta, che pone fine a un percorso segnato da silen-zi, abbandoni e da un pregiudizio mai superato: quello legato al passato della madre, che in anni precedenti aveva perso la responsabilità genitoriale su altri tre figli, dichiarati adottabili. Un passa-to difficile, che tuttavia non può e non deve diventare una condanna perpetua.
«L’unica vera “colpa” di questa donna era il suo passato», dichiara l’Avv. Miraglia, difensore della famiglia. «Ma non si può giudicare la madre di oggi con gli errori di ieri. Oggi questa donna è pre-sente, affettuosa, collaborativa, sostenuta dalla famiglia. E lo è da anni. Non si può decidere il de-stino di una bambina leggendo solo le prime pagine del libro. E invece è ciò che i Servizi Sociali di Reggio Emilia hanno fatto per troppo tempo: hanno congelato la situazione, hanno trasformato una misura temporanea in una condizione permanente, senza un progetto, senza una strada, senza una speranza».
Nel decreto, il Tribunale ha preso atto del cambiamento reale: la madre, seppur affetta da una di-sabilità cognitiva moderata, si è sempre mostrata adeguata e stabile; il padre ha seguito con esito positivo un percorso presso il Ser.T.; la nonna offre un supporto importante e quotidiano; e la bambina cresce serena, in un ambiente affettivamente positivo. Da qui la decisione di revocare ogni misura limitativa, disponendo solo un monitoraggio non invasivo.
«I Servizi Sociali – prosegue l’Avv. Miraglia – hanno agito come se il passato fosse un marchio indelebile, rifiutando di vedere il presente. Ma la tutela del minore non può basarsi su automati-smi, su modelli astratti o su sentenze passate. Va verificata ogni volta, nel concreto, nella realtà viva delle relazioni. In questo caso, la realtà era chiara, sotto gli occhi di tutti, e per troppo tempo è stata ignorata».
La sentenza segna così un punto fermo: la fragilità non può essere una condanna, né un alibi per l’inerzia delle istituzioni. Le misure di affidamento devono essere strumenti di accompagnamento e non di segregazione. «Abbiamo vinto una battaglia, ma questa è solo una delle tante storie som-merse. Quante altre madri vengono giudicate solo per ciò che sono state? Quanti bambini crescono lontano da casa per paura, non per necessità?», si chiede l’Avv. Miraglia.
E conclude: «Se una sola bambina torna a casa, è giustizia. Ma se smettiamo di giudicare con il pregiudizio, allora può diventare rivoluzione. E questa è la rivoluzione di cui abbiamo bisogno: re-stituire alle famiglie la possibilità di rinascere, senza essere eternamente prigioniere del passato