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Niente amministratore di sostegno se il beneficiario può contare sulla protezione di una rete familiare

Avvocato Miraglia: «Da mesi sostengo che siamo di fronte a un nuovo business sulla pelle dei più fragili»

PARMA (14 Luglio 2022). Ha fatto giurisprudenza, entrando tra le massime di Cassazione civile, la sentenza con la quale la Suprema Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dall’avvocato  Miraglia in difesa della sua assistita, una docente e artista di Parma: per gestire da sola l’ingente patrimonio di famiglia, la sorella aveva chiesto per lei un amministratore di sostegno. La Cassazione ha ribaltato la sentenza del Tribunale di Parma emanata nel 2019, confermata l’anno successivo dalla Corte d’Appello di Bologna, affermando che il ricorso all’amministratore di sostegno non può essere usato per dirimere conflitti familiari, specialmente laddove nella cerchia familiare ci sia qualcuno che possa supportare le persone nella gestione del proprio patrimonio. «Tra l’altro le sentenze del Tribunale e della Corte d’Appello si basano su “sensazioni” e non su prove concrete, – afferma l’avvocato  Miraglia – formulate esclusivamente su ipotesi e presunte diagnosi senza che alcun professionista abbia mai visitato la mia assistita».

Si legge infatti che la donna «seppur non affetta da una patologia nosograficamente accertata, manifesta comportamenti che fanno esistere il “fondato sospetto” e inadeguatezza della beneficiaria ad occuparsi dei propri interessi, e di riflesso anche di quelli della sorella» essendo il patrimonio di famiglia, ereditato dai genitori, ancora non diviso.

Proprio per confutare questa mancanza di prove concrete la donna, attraverso l’avvocato Miraglia, ha presentato ricorso e il caso è approdato alla Suprema Corte di Cassazione, la quale ha recepito le osservazioni presentate, ritenendo che tale situazione potrebbe essere risolta anche verificando la possibilità di reperire nella cerchia familiare il supporto eventualmente necessario (in questo caso il marito) e che l’Amministrazione di sostegno non può essere un rimedio alternativo per la risoluzione di conflitti endofamiliari di natura patrimoniale, che possono essere risolti agendo secondo le specifiche azioni di tutela della proprietà.

«Siamo arrivati al punto che si estromette una persona dalla gestione del proprio patrimonio per un “fondato sospetto”, – prosegue l’avvocato  – che si scontra contro il parere di medici e pure contro il buon senso: la professoressa è stata infatti giudicata in grado di autodeterminarsi relativamente alla vita quotidiana e alla sua professione di docente e di artista, ma inadeguata a gestire il patrimonio. Com’è possibile che una persona possa gestirsi in un aspetto della propria vita e non in un altro? Senza, per altro, cercare all’interno della cerchia familiare qualcuno che la possa aiutare nelle gestioni pratiche: la signora ha infatti un marito in grado di farlo e proprio su questo si è basata la sentenza della Corte di Cassazione, che è entrata una massima pubblicata sulle riviste giuridiche».

La Cassazione infatti l’11 luglio scorso l’ha inserita come massima stabilendo che “In tema di capacità della persona va esclusa la nomina dell’amministratore di sostegno se il beneficiario può contare sulla protezione di una rete familiare. Il giudice, pertanto, è tenuto a indagare sulla possibilità di garantire una funzione vicaria del coniuge nella gestione del patrimonio”.

«Da mesi sto ribadendo come quello dell’utilizzo dell’amministratore di sostegno sia ormai un nuovo business – conclude l’avvocato Francesco Miraglia del Foro di Madrid  – come quello dei bambini in affidamento. Sempre di più sono i casi riguardanti persone iù di persone in cui i parenti arrivano ad estromettere i loro familiari della gestione di patrimoni importanti, ricorrendo alla pratica dell’amministratore di sostegno che i giudici, incautamente, dispongono senza valutare attentamente i casi. Nell’ultimo anno sono emersi casi a Lecco, Ancona, Ferrara, Roma e Perugia. La questione sta diventando sempre più frequente e occorre vigilare, prima di trovarci di fronte a scandali come quelli legati agli affidamenti dei minori, dove la tutela non c’entra nulla, ma è solo mero business economico, sulla pelle dei più deboli».

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